Perché gli anziani dormono poco?


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Con l’avanzare dell’età, spesso si verificano dei cambiamenti nelle nostre abitudini legate al sonno: accade di addormentarsi presto, svegliarsi più volte durante la notte, avere un sonno meno profondo, e, in generale, dormire meno rispetto al passato.



Ma un sonno di breve durata o poco riposante non è una caratteristica intrinseca dell’invecchiamento. Il sonno, infatti, è importante tanto per la salute fisica quanto per quella psicologica, proprio come in giovane età, e può essere preservato con alcune accortezze.

Perché gli anziani dormono poco? 

Anche se con il tempo la tendenza della durata del sonno è quella di diminuire, la sua importanza per un buon invecchiamento rimane primaria.

La causa principale del dormire poco è riconducibile ad alcuni meccanismi cerebrali che cambiano con l’età. Si tratta di variazioni a livello cellulare e ormonale tipiche della senilità. Benché le strutture e i meccanismi rimangano gli stessi, si altera il funzionamento dei recettori per i segnali chimici che determinano l’attivazione di alcune funzioni legate al sonno. Oltre a ciò, alterazioni fisiche e psicologiche, legate a variabili personali e al decadimento dell’età, sono di ostacolo a una buona qualità del riposo.

Ma vediamo più nel dettaglio che cosa accade con l’invecchiamento. 

Le cause

Le cause della riduzione del sonno nella senilità sono molteplici, e talvolta legate a variabili individuali. La ricerca ha, tuttavia, evidenziato alcune delle più diffuse motivazioni:

  • Variazioni a livello ipotalamico: le persone anziane vanno incontro a una significativa riduzione del numero di cellule ipotalamiche responsabili della regolazione del ciclo sonno-veglia. I recettori cerebrali del segnale della sonnolenza declinano con l’età, mancando di registrare gli impulsi che fanno avvertire stanchezza e inducono ad andare a dormire.
  • Variazioni ormonali: con l’invecchiamento il corpo riduce la produzione di ormone della crescita, legato alla diminuzione delle onde lente responsabili del sonno profondo. Quando questo accade diminuisce la creazione di melatonina, il che significa che spesso si sperimenta un sonno più frammentato e ci si sveglia di frequente durante la notte.
  • Insorgenza del sonno polifasico: l’invecchiamento è caratterizzato dal passaggio da un sonno monofasico, a un sonno polifasico, intermittente, frammentato, e non continuativo, di ostacolo a un’elevata qualità di riposo.
  • Modifiche a livello sensoriale: l’avanzare dell’età comporta una diversa sensibilità agli stimoli buio-luce, così come ai suoni. Una maggiore ricettività agli impulsi sensoriali presenti nell’ambiente rende più difficile addormentarsi, o più probabile risvegliarsi nel corso della notte.
  • Alterazioni fisiche o psicologiche: anche la presenza di dolori fisici (come ad esempio l’artrite), di spasmi muscolari, o di variazioni dell’umore tipiche dell’invecchiamento possono peggiorare la qualità del riposo.
  • Insonnia: la ricerca mette in evidenza come la senilità si accompagni a più elevati livelli di insonnia, nelle sue varie forme, come determinante della diminuzione del sonno. 

Quanto deve dormire un anziano?

Contrariamente al pensiero comune, le persone anziane non hanno bisogno di dormire meno della media delle persone adulte. Infatti, gli adulti richiedono circa la stessa quantità di sonno dai 20 anni in poi, anche se il numero di ore per notte varia da persona a persona. Tuttavia, sono molti gli anziani che dormono molto meno di quanto necessiterebbero, per svariate ragioni. Infatti, il sonno profondo medio complessivo per notte di una persona anziana è di 5 ore, ben al di sotto della media delle persone adulte.

A partire dai 30 anni circa le ore di sonno diminuiscono in modo costante, fino a ridursi quasi della metà per una persona di 50 anni, rispetto alle ore di sonno profondo che aveva a 20 anni. Il sonno diviene polifasico, ovvero non continuativo, con intervalli di riposo frammentati da risvegli. A diminuire è soprattutto il sonno profondo, detto NON-REM o delle onde delta, mentre il sonno REM rimane pressoché invariato. 

Benché le ore necessarie di sonno cambino di individuo in individuo, la maggior parte delle persone dai 30 anni in su richiede dalle 7 alle 9 ore di sonno per potersi dire ristorata. Con l’invecchiamento, la richiesta non varia: ciò che cambia è la capacità di ottenere un sonno notturno continuativo, riposante e duraturo. Per comprendere se questa richiesta è soddisfatta, basta osservare il proprio stato al risveglio: avvertire stanchezza o spossatezza è il primo indicatore di un’insufficiente quantità di sonno.

Perché dormire è indispensabile?

Un giusto numero di ore, unite a un sonno riposante e di buona qualità, sono requisiti indispensabili per l’esplicazione di diverse funzioni cognitive e psicologiche.. e non solo. Di seguito sono elencate alcune delle principali funzioni del sonno, che lo rendono indispensabile:
 

  • Riordino: nelle ore di sonno il cervello svolge una fondamentale operazione di riordino, eliminando, tramite una pulizia dendritica, parte delle sinapsi formate tra i neuroni durante la giornata a seguito degli stimoli ricevuti e dei nuovi apprendimenti. Tale operazione è fondamentale perché evita al cervello un sovraccarico informativo. Permette, il giorno successivo, di creare nuove sinapsi in conseguenza a nuovi stimoli, apprendimenti ed esperienze. Nella vita di tutti i giorni, l’assenza di sonno si traduce nella sensazione di fatica che almeno una volta tutti abbiamo sperimentato, quando non riusciamo a concentrarci, recuperare informazioni o accedere a ricordi. Riordinando l’archivio cerebrale, tramite l’eliminazione di quello che è considerato superfluo, facciamo spazio per nuovi apprendimenti.
  • Apprendimento: il sonno è direttamente legato alla maturazione del sistema nervoso centrale. Durante la fase di sonno REM, infatti, si assiste a un incremento dell’attività cerebrale che agevola l’apprendimento. Non a caso i neonati hanno una maggiore quantità di sonno REM: grazie ad essa riescono a sviluppare il proprio sistema nervoso, formando nuove sinapsi e consolidando nuove conoscenze.  
  • Memoria: il sonno è responsabile della funzione di immagazzinamento di nuove informazioni, che costituisce uno dei processi fondamentali della memoria: facilita l’incorporazione quanto appreso durante la giornata e permette di immagazzinare ricordi. Durante la fase REM viene, infatti, ampliata la rete di contatti che unisce i neuroni e permette di stabilizzare i processi di memoria, la base di ciò che crea i ricordi.
  • Ottimizzazione energetica: durante il sonno l’attività metabolica e la temperatura corporea si riducono del 10% rispetto a quanto accade di giorno. La diminuzione dell’intensità di tali attività, che ha luogo primariamente durante le fasi successive all’addormentamento, permettono al corpo di preservare energie utili, invece, durante la giornata.
  • Pulizia e recupero: il sonno permette al cervello di attuare un processo di auto-pulizia. Vengono smaltiti prodotti di scarto, con il risultato di una diminuzione delle dimensioni delle cellule fino al 60% rispetto al volume iniziale. L’effetto riposante del sonno deriva, parzialmente, da questo meccanismo: grazie alle operazioni di riordino e di pulizia cognitiva, la nostra mente trova ristoro e riposo. La pulizia avviene quando non siamo coscienti perché comporta una significativa spesa energetica a livello cerebrale, che sarebbe incompatibile con le numerose funzioni attive durante il giorno.
  • Effetti su altri organi e apparati: il sonno, e il suo ritmo circadiano, sono stati messi in stretta relazione dalla ricerca con gli effetti benefici legati ad altri sistemi e apparati, nonché in termini di prevenzione (ad esempio del cancro). La sua influenza ricade, infatti, su sistema endocrino, cardiovascolare, immunitario, e muscolare. 
  • Stabilizzatore dell’umore: il sonno ha un legame stretto con le declinazioni dell’umore, in particolare depressivo.

Quali sono le buone abitudini prima di andare a dormire?

limitare il sonno diurno
  • Usare il letto solo per riposare, evitando di trascorrervi tempo per altre attività: in questo modo, l’associazione inconsapevole con il letto (e con un materasso giusto e di qualità) sarà esclusivamente legata al sonno.
  • Rispettare una routine, andando a letto e svegliandosi a orari il più possibile regolari, anche nei fine settimana.
    Può essere utile, inoltre, anticipare il momento di andare a dormire con alcuni rituali rilassanti, come fare un bagno caldo, ascoltare musica, leggere qualche pagina di un libro o utilizzare tecniche di respirazione e rilassamento muscolare.
  • Limitare il sonno diurno, anche se consistente in brevi pisolini pomeridiani.
  • Fare esercizio motorio durante la giornata.
  • Evitare cibi pesanti, piccanti o molto calorici a cena, per rendere la digestione più agevole. Una cena consumata almeno tre ore prima di andare a dormire facilita il riposo.
  • Evitare il consumo di zucchero, caffè, tè, alcolici e sostanze stimolanti in genere, soprattutto nelle ore serali.
  • Ridurre l’assunzione di liquidi, specialmente nell’ora e mezza precedente al momento di andare a dormire: diminuirà, così, la necessità di andare in bagno frequentemente durante la notte.
  • Mantenere costanti temperatura, luminosità e rumori nella camera da letto. 
    • Le luci artificiali possono inibire la produzione di melatonina, l’ormone che stimola il sonno.
      Per questo è consigliabile l’utilizzo di lampadine a basso consumo. Inoltre può essere di aiuto evitare schermi come quelli di TV, computer e smartphone almeno un’ora prima di andare a letto. Anche piccole luci provenienti da sveglie o altre apparecchiature tecnologiche possono essere di ostacolo al sonno. Se non puoi spegnerle, puoi ricorrere a una mascherina per il sonno che limiterà gli stimoli di disturbo (questa su Amazon è molto semplice ed è una delle più apprezzate dagli utilizzatori). 
    • Come già detto, la sensibilità ai rumori aumenta con l’invecchiamento, perciò è altrettanto fondamentale assicurarsi che l’ambiente sia silenzioso. L’utilizzo di una macchina per il rumore bianco (come questa), o di tappi per le orecchie può contrastare eventuali fonti di disturbo sonore e agevolare il rilassamento.

Conclusione  

La quantità di sonno notturno degli anziani è indubbiamente più ridotta, ma la richiesta di sonno non è inferiore, come si potrebbe erroneamente pensare.

A ostacolare un riposo prolungato ci sono diversi elementi, di natura ambientale (suoni e luci, a cui si è più sensibili in età avanzata), personale (dolori fisici, tono dell’umore deflesso), ed elementi legati al processo stesso di invecchiamento (variazioni a livello cerebrale per decadimento).

Opporsi alla ridotta quantità di sonno è, però, possibile, grazie ad alcuni accorgimenti nell’adattamento dell’ambiente e della propria routine: tramite essi, anche in età avanzata è possibile godere di un sonno riposante e di tutti i suoi effetti benefici sulla salute fisica e psichica. 

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